Lo squalo (1974), di Peter Benchley

Il 1916 fu un anno in cui lo stato del New Jersey si ritrovò, suo malgrado, protagonista delle prime pagine dei giornali del paese. Tra il 1° e il di 12 luglio, infatti, lungo la costa dello stato si registrò un’insolita serie di attacchi di squalo nella quale persero la vita quattro bagnanti e un altro restò ferito. La grande ondata di caldo che investì la costa atlantica, aveva favorito l’afflusso di turisti nelle località balneari attirando, così, grandi branchi di pescecani che trovarono nelle calde acque del Jersey Shore le condizioni ottimali per fare il bello e il cattivo tempo. In principio, le autorità locali ipotizzarono che il responsabile degli attacchi potesse essere un grosso squalo bianco, poiché proprio nello stomaco di un Carcharodon carcharias catturato al largo di Long Island furono ritrovati dei resti umani.

Considerando, però, che diversi attacchi si verificarono in acqua dolce, si convenne che solo uno squalo leuca poteva esserne il responsabile. Sta di fatto che l’accaduto riscosse un’eco così profonda da segnare prepotentemente l’immaginario collettivo, tanto da ispirare uno dei più importanti best sellers statunitensi come Lo squalo di Peter Benchley, a sua volta fonte d’ispirazione per l’omonimo film del 1976, diretto da Steven Spielberg e vincitore di tre Premi Oscar e un Golden Globe.

Con l’estate entrata ormai a pieno regime e considerando che, nel corso degli anni, proprio la trasposizione cinematografica del libro è andata affermandosi come uno dei più grandi successi planetari di sempre, terrorizzando diverse generazioni di bagnanti, quale stagione migliore per tuffarsi tra le placide – si fa per dire – pagine di Amity? Dando per assodato che chiunque di noi abbia visto il film con Roy Scheider, Richard Dreyfuss e Robert Shaw, perché così dev’essere, non è così scontato l’aver letto il libro. Le due opere si differenziano sia per stile narrativo, come è ovvio che sia, che per contenuto e se consideriamo che, nel film, il regista si focalizza quasi esclusivamente sulla figura dello squalo e dei tre protagonisti che gli danno la caccia, è nel libro di Peter Benchley che il grosso pescecane rimane quasi in ombra, nascosto nel profondo dell’oceano, pronto a sferrare il suo feroce attacco, sospinto dalle note della celeberrima colonna sonora scritta da John Williams. Ovviamente lo squalo c’è. E c’è anche la tensione, la paura e l’atavico terrore dell’uomo nei confronti dell’ignoto e dei grandi mostri marini, già introdotti con Moby Dick nel 1851 e nel 1870 con Ventimila leghe sotto i mari.

L’affamata e gigantesca minaccia che incombe sull’isoletta di Amity, però, arriva quasi a fare da contorno alle vicende familiari che coinvolgono lo sceriffo Brody e sua moglie Ellen. E così, al contrario di quanto accade nel film, proprio Brody e l’oceanografo Matt Hooper sono tutt’altro che alleati; e quando quest’ultimo assume il ruolo di “terzo incomodo”, si arriva quasi a tifare per lo squalo… In tutto ciò, cosa ne è stato di quel tronfio lupo di mare di Quint che nel film era interpretato da Robert Shaw, già protagonista de La stangata di George Roy Hill? Partendo dal fatto che tutta la sequenza relativa all’affascinante racconto sul naufragio dell’USS Indianapolis non compaia nel libro, il rude pescatore risulta piuttosto simile a quello che noi tutti conosciamo, così come lo è il triste epilogo che lo attende a bordo dell’Orca, in una sorta di “novello” Capitano Achab.

È invece bene sottolineare come, proprio nel libro, lo squalo sia ben distante dall’animale che scientificamente attaccava le proprie vittime, anche grazie al fine intelletto messo in risalto da Spielberg. Lo squalo è un predatore mosso unicamente da fame e istinto di sopravvivenza. Niente vendette e nessun agguato premeditato, solo voglia di addentare tutto quello che si agita davanti ai suoi recettori e la fine del romanzo può lasciare spiazzati, specialmente se paragonata all’opera di Spielberg. Interessanti, invece, sono le caratterizzazioni degli abitanti della cittadina e la trama che ne lega le vicissitudini. Si presti attenzione alla storia del sindaco, solo per citarne una.

Non è trascurabile, infine, il fatto che, al momento della sua pubblicazione, Lo squalo di Peter Benchley abbia scalato vertiginosamente le classifiche di tutto il mondo, posizionandosi e confermandosi saldamente in testa alle classifiche dei libri più venduti dell’epoca per ben quarantaquattro settimane consecutive. Ad oggi, è ipotizzabile che abbia venduto oltre 20 milioni di copie, assestandosi ampiamente tra le opere più importanti della letteratura americana. Il pathos, i colpi di scena, il ritmo serrato e l’avventura, nonché la tensione, che si respirano nell’opera di Spielberg, però, lo collocano un gradino sotto al cult del 1976, in uno di quei rari casi in cui l’opera di celluloide supera quella letteraria.

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