Once Were Warriors (1994), di Lee Tamahori

Nel 1990, la pubblicazione del libro Once Were Warriors da parte di Alan Duff colpì la Nuova Zelanda con la stessa violenza del montante con cui, quattro anni prima, Mike Tyson aveva mandato al tappeto Marvis Frazier sul ring di Glens Falls, New York. Per comprendere al meglio la portata di quello che ho appena detto, se volete passarmi il paragone pugilistico, vi sarà sufficiente dare uno sguardo al presente video di YouTube. Duff era al suo esordio letterario ma il successo del romanzo fu così dirompente che anche l’indotto cinematografico locale non poté fare a meno di intercettarne la forza e le straordinarie potenzialità. In questo scenario, il manoscritto finì su una scrivania della South Pacific Pictures, trovando nel cinema il linguaggio ideale per amplificare la sua carica di denuncia.

Fu, infatti, un atto di grande coraggio quello di tentare la trasposizione di un’opera così feroce, in un momento in cui la Nuova Zelanda cercava di costruirsi una propria identità cinematografica; e questo azzardo si concretizzò, di fatto, nel 1994, con l’uscita del film diretto da un allora semi sconosciuto Lee Tamahori.

Ad oggi è evidente come il regista sia rimasto fedele all’essenza del romanzo di Duff, dove violenza domestica, alcolismo, disgregazione familiare e perdita dell’identità māori costituiscono il nucleo tematico del film. Di contro, e col senno di poi a ragione, la sceneggiatura firmata da Riwia Brown introduce una svolta significativa, spostando il baricentro narrativo su Beth (la madre della famiglia Heke, interpretata da un’eccezionale e sottovalutata Rena Owen), trasformandola in un simbolo di resilienza e determinazione femminile.

Pur schiacciata dalla violenza, Beth non perde mai la dignità e la fierezza che la definiscono, affermandosi di fatto come controparte tragica ma luminosa della brutalità maschile che permea libro e film. Al suo fianco, nei panni di Jake “la Furia” c’è Temuera Morrison che, in tutta la sua esplosiva fisicità, impersona in modo perfetto (e verosimilmente nauseabondo) un personaggio brutale, gretto e tossico in ogni fibra del suo corpo. Il cast diventa, così, una componente fondamentale del film e la scelta di affidarsi esclusivamente ad interpreti neozelandesi, ripaga con un realismo quasi documentaristico nella gestualità, nelle pause, nel dialogato e persino nelle inflessioni della voce e nella mimica attoriale.

Il prodotto finale ci mostra una coralità di personaggi e storie che, talvolta, sembrano viaggiare su binari diversi per poi intrecciarsi in un unico dramma familiare e sociale. Non c’è violenza spettacolarizzata ma una quotidianità furiosa e animalesca, poiché ogni scena a cui assistiamo, anche la più cruenta e disturbante, è una componente fondamentale di quel contesto in cui il regista vuole portarci. Il ritmo serrato e il montaggio claustrofobico accompagnano la fotografia cupa e implacabile affidata a Stuart Dryburgh, già candidato al premio Oscar per Lezioni di piano. Lo spettatore viene così trascinato in uno spaccato di disperazione e fragilità, dove l’immagine costringe a guardare in faccia il furore di una realtà poco rappresentata.

Anche da un punto di vista sociologico, Once Were Warriors offre profondi spunti di riflessione. Se Duff aveva, infatti, portato su carta dinamiche che gli erano già note, essendo cresciuto egli stesso in un contesto di forte disagio e avendo sperimentato in prima persona la durezza del riformatorio e i problemi con la giustizia, è il film di Tamahori a trasformare quella materia in un film dirompente, capace di impattare a livello globale e di consacrare il cinema neozelandese come una voce finalmente riconoscibile sulla scena internazionale. Al momento della sua uscita, infatti, l’opera esplose rapidamente come fenomeno culturale: non solo in un ritratto abbrutito di una famiglia spezzata ma anche e soprattutto nell’esplorazione di una crisi identitaria radicata nella storia coloniale e alimentata dal ciclo della violenza. È qui che lo spettatore si trova a guardare negli occhi gli “ultimi”, in una riflessione complessa e universale sul senso di alienazione e il peso delle eredità collettive. Da vedere.

SCHEDA TECNICA

Titolo Originale: Once Were Warriors

Regia: Lee Tamahori

Genere: Drammatico

Paese: Nuova Zelanda

Durata: 99 min.

Con: Rena Owen, Temuera Morrison, Mamaengaroa Kerr-Bell, Taungaroa Emile, Julian Arahanga, Cliff Curtis

Distribuzione in italianoMoviemax

STAZIONE CINEMA © Riproduzione riservata

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