Nel cinema di Scott Cooper gli uomini si consumano lentamente. Alternano forza e fragilità, discese e risalite, ferite che bruciano e cicatrici in bianco e nero che non smettono di pulsare nel dolore del ricordo. Ogni film nasce da una malinconia sospesa, fatta di strade deserte, bicchieri di whisky, silenzi profondi e redenzioni sempre fuori portata. Se già con Crazy Heart, Cooper raccontava la musica come espiazione, e con Il fuoco della vendetta e Hostiles, trasformava il dolore in geografia morale, è con Springsteen – Liberami dal nulla che il regista torna a muoversi in quel territorio emotivo, scavandolo dall’interno ed entrando, stavolta, nella psiche di un uomo che subisce il peso della fama e l’allontanamento dalle proprie radici.
Il film è tratto dal libro Liberami dal nulla. Bruce Springsteen e Nebraska di Warren Zanes, che ricostruisce la genesi di un album insolito per il panorama musicale del Boss e intimamente personale come Nebraska, inciso in totale solitudine nella sua casa nel New Jersey. È lì che Bruce Springsteen si spoglia del mito, dei riflettori, dei tour e dei manager, cercando un linguaggio più nudo e intimo, quasi di espiazione.

Il film non segue le hit più famose, motivo per cui potrebbe sorprendere gli spettatori meno avvezzi al repertorio del Boss, né si affida a una colonna sonora costante. Cooper non racconta un’epopea musicale ma esplora l’uomo dietro la leggenda, le sue ansie e i suoi rimorsi, con la musica che diventa uno specchio dell’anima, discreta ma potente, piuttosto che protagonista assoluta. Springsteen è un uomo con la testa piena di sogni e attraversato da mille inquietudini mentre trasforma la sua vita in musica. Scott Cooper osserva tutto questo con uno sguardo delicato ma rigoroso, traducendo in immagini la malinconia di un musicista nato per correre, come recita Born to Run che apre idealmente il film e dà il ritmo a questa corsa incessante.
Nel racconto scorrono figure chiave come Charles Starkweather, icona di inquietudine e alienazione, e Paul Schrader, sceneggiatore di Taxi Driver, che volentieri avrebbe inaugurato la carriera di attore dello stesso Bruce. Accanto a loro, quella di Faye (interpretata da Odessa Young) emerge come figura centrale e simbolica: non una singola donna, ma l’elaborazione di tutte le relazioni affettive che hanno attraversato la vita del Boss in quel periodo, capace di illuminare le fragilità e la tenerezza del musicista, rivelandone in questo senso il bisogno di essere vissuto, compreso e amato.

In Springsteen – Liberami dal nulla la musica di Nebraska riflette la mente e il cuore del musicista e Jeremy Allen White, con intensità controllata e grande presenza scenica, ne trasmette inquietudini e sogni. Dal canto suo, Cooper trasforma spazi quotidiani come una stanza, una chitarra o un corridoio, in luoghi di memoria e introspezione, dove la musica non accompagna, ma racconta.
Il film ci regala un uomo in carne e ossa, fragile e resistente allo stesso tempo, e lascia allo spettatore l’eco di un’America sospesa tra sogno, fuga e verità. Resta la polvere del New Jersey, le strade bruciate dal sole e il ritmo lento di desideri non ancora realizzati. E come canta Bruce Springsteen in I’m on Fire, c’è una tensione silenziosa, un fuoco che arde dentro, un’ansia di vita e di libertà che attraversa ogni gesto, ogni silenzio, ogni nota. Struggente.
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SCHEDA TECNICA
Titolo Originale: Springsteen: Deliver Me from Nowhere
Regia: Scott Cooper
Genere: Biografico, Drammatico, Musicale
Paese: USA
Durata: 119 min.
Con: Jeremy Allen White, Odessa Young, Stephen Graham, Jeremy Strong, Paul Walter Hauser, Matthew Anthony Pellicano, Gaby Hoffmann, Marc Maron
Casa di produzione: 20th Century Studios, Gotham Group, Night Exterior, Bluegrass 7
Distribuzione in italiano: Walt Disney Studios Motion Pictures
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