Amore tossico (1983), di Claudio Caligari

«…Quattro buchi nella pelle / Carta di giornale / Nuda e senza scarpe / Senza denti per mangiare / Una montagna di rifiuti / Studiavamo insieme / Li dovevano arrestare / Ti dovevano guarire…».

Nel 1975, con un brano di rottura come Lilly, assai distante per tematiche e atmosfere dal classico cantautorato italiano di allora, Antonello Venditti cantava, forse per primo in Italia e con straziante intimità, una delle più profonde piaghe sociali di quei tempi. Una rappresentazione intensa e dolorosa di un’esperienza vissuta in prima persona da un’amica dello stesso cantautore romano, che lo segnò profondamente. Alcuni anni più tardi, due dopo Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, Claudio Caligari fu precursore, col suo lungometraggio d’esordio, nel raccontare la Roma della disperazione, in un panorama di assoluto degrado.

In Amore tossico, il regista di Arona pone l’accento sull’allora dilagante fenomeno della tossicodipendenza, ritenuto a livello nazionale “una silenziosa strage di stato”, anche per via della macchinosità con cui l’apparato governativo si attivò per arginarne la diffusione. Caligari dirige un’opera meno patinata e tecnica rispetto a quella di Uli Edel ma non per questo meno cruda e realistica. Certamente innovativa per l’epoca e per quello che era il panorama cinematografico e culturale italiano di quel periodo, tanto da scardinarne ogni dogma. Nato documentarista, il cineasta piemontese raccoglie l’eredità di quel neorealismo che ne caratterizzerà la pur breve carriera cinematografica.

Sullo orme iconografiche di quello che era il cinema di Pasolini, di cui Caligari fu allievo e amico, il regista esplora la desolazione dei fragili e degli abbandonati, portando sul grande schermo attori non professionisti e con reali esperienze di tossicodipendenza. Il dramma e il realismo dell’opera sono ancor più eclatanti se consideriamo che quegli interpreti, in seguito, sarebbero quasi tutti morti per le conseguenze derivanti dall’uso dell’eroina. La base e gli intenti politici di Caligari sono evidenti: se il modello tedesco raccontava la discesa borghese nel mondo dell’eroina, almeno per quel che fu il ruolo interpretato dalla giovanissima Natja Brunckhorst, i protagonisti di Amore tossico appartengono tutti al sottoproletariato romano, in quella che è tutt’ora un’efficace fotografia di un fenomeno che arrivò, poi, a intaccare ogni classe sociale.

Il film fu premiato a Venezia come miglior opera prima, al Film Festival di Valencia e in quello di San Sebastian, aprendo a Caligari la strada verso un futuro radioso che, a onor del vero, non si concretizzò mai del tutto, forse proprio per via della sua concezione politico-artistica e della sua vicinanza al cinema pasoliniano. La sceneggiatura è scritta a quattro mani dal regista e dal sociologo Guido Blumir, già autore del best seller Eroina ma nel film non troviamo una storia vera e propria. Qui abbiamo a che fare con una tranche de vie in cui i protagonisti si trascinano giornalmente tra furti, rapine, prostituzione ed espedienti malavitosi di ogni genere, senza che abbiano alcuna possibilità di venir fuori da quel baratro autodistruttivo in cui sono precipitati.

Il passaggio da ingenui ragazzi di borgata (il film si snoda tra Ostia e Centocelle) a tossicodipendenti conclamati, avviene metaforicamente attraverso l’inserimento in colonna sonora di due pezzi che simboleggiano perfettamente quella trasformazione. Nelle scene iniziali del film, i protagonisti intonano Per Elisa di Alice (brano vincitore, tra l’altro, del Festival di Sanremo due anni prima dell’uscita di Amore tossico) che, tra le vari chiavi di lettura, apriva a una riflessione sulla dipendenza dalle droghe. Lettura, oltretutto, mai completamente fugata dalla cantante né da Franco Battiato che, con lei, ne scrisse il testo. La contrapposizione che, invece, si manifesta nella scena finale, quando i flashback ci riportano alla purezza di Acqua azzurra, acqua chiara (e, di riflesso, anche dei protagonisti) che s’infrange nella prima esperienza dei giovani con la sostanza, è così dirompente che l’unico finale possibile è, ancora una volta, lo straziante richiamo a Pierpaolo Pasolini.

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SCHEDA TECNICA

Regia: Claudio Caligari

Genere: Drammatico

Paese: Italia

Durata: 84 min.

Con: Cesare Ferretti, Michela Mioni, Enzo Di Benedetto, Roberto Stani, Loredana Ferrara, Pamela Schettino, Mario Afeltra, Silvia Starita, Clara Memoria

Casa di produzione: Iter Internazional

Distribuzione in italiano: Gaumont

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