Certo che quel Marlon Brando lì, per aver influenzato così profondamente tre intere generazioni di motociclisti, e forse qualcosa di più, doveva saperla davvero lunga. Non che lo pensi soltanto io, sia chiaro, che pure sono corso a cercarmi una Triumph America subito dopo aver visto Il selvaggio di László Benedek, nonostante lui guidasse una Thunderbird. In The Bikeriders, infatti, ultimo film di Jeff Nichols appena uscito in sala, sono gli occhi di Tom Hardy a rimanere incollati allo schermo del televisore di casa, quando è proprio il due volte Premio Oscar (Fronte del porto, Il padrino) che fa la sua apparizione. È l’inizio di tutto e il pensiero che dirompe nella testa dell’attore britannico non può essere che uno e uno soltanto: «Sto pensando di fondare un Motor Club».
D’altra parte l’impatto che le due ruote hanno avuto sugli States e, più in generale, sul cinema americano, come azione salvifica per gli antieroi del grande schermo, è stato da subito viscerale e dirompente. Come il ringhio gutturale degli scarichi cromati, Jeff Nichols apre l’acceleratore della narrazione e porta in scena il fascino dei gangster movie e il cupo romanticismo dei vecchi western, riproposti in gruppi di motociclisti che, proprio come moderni cowboy, divorano l’asfalto della strada correndo incontro alla vita, alla libertà e all’avventura.

Un unico credo: quello di non avere catene. Una unica lealtà, cementata dai codici di una fratellanza rombante che non ti lascia mai a piedi ma che, anche piuttosto apertamente, esprime tutta la tossicità di un machismo sfrontato tipico dell’epoca. In The Bikeriders, Jeff Nichols riporta in auge il mito dei biker puntando su un cast di altissimo livello, una colonna sonora incalzante che ricalca perfettamente il mood del film e, soprattutto, una storia che fila liscio come l’olio, senza che qualche piccolo intoppo di sceneggiatura ne possa guastare il valore. Non sono mai stato un integralista dell’eterna diatriba tra doppiaggio e lingua originale ma credetemi se vi dico che, per godere a pieno di tutte le sfumature, è necessario che questo film sia visto nella versione originale.
In The Bikeriders c’è tanto di Un mercoledì da leoni, Bronx e Quei bravi ragazzi. E proprio come la Lorraine Bracco di Scorsese, anche Jodie Comier (Star Wars: L’ascesa di Skywalker, The Last Duel) ha fatto un lavoro pazzesco sull’accento del suo personaggio, che ovviamente non emerge nella versione doppiata. Potenti anche le interpretazioni di Michael Shannon (Revolutionary Road, L’uomo d’acciaio, Animali Notturni) e, nemmeno a dirlo, Norman Reedus (The Walking Dead) che quando vede una moto s’imbizzarrisce come il più selvaggio dei mustang di frontiera. Gli applausi a scena aperta, però, vanno ai due protagonisti dell’opera. Austin Butler è ormai ben più che una semplice promessa. Dopo C’era una volta a… Hollywood, Elvis e Dune – Parte Due, l’attore californiano se la cava alla grande e sforna una delle sue prove migliori, riuscendo a riempire più che adeguatamente lo schermo e calarsi perfettamente nel denim impolverato del protagonista. Se vogliamo, poi, è il caso di spendere due parole anche su Tom Hardy: che sia sempre benedetto Jeff Nichols per avergli cucito addosso un personaggio che pare fatto apposta per lui e, soprattutto, avergli restituito la dignità della recitazione, cosa che l’attore britannico sembrava aver perso dopo le ultime uscite decisamente poco brillanti.

Liberamente tratto dall’omonimo diario fotografico del 1968 di Danny Lyon, che sul grande schermo è interpretato ottimamente da un sorprendente (e deo gratias, scevro da improbabili tornei di tennis…) Mike Faist, il film presenta in diversi passaggi un intrigante taglio documentaristico che vede in Jodie Comier la principale narratrice. Ecco allora che gli Outlaws MC, il Motor Club più antico tra i “Big Four” più importanti a livello mondiale, diventano i Vandals di Tom Hardy. Giovani “sbandati” (ma lo saranno davvero?) che nella fratellanza della moto cercano quella famiglia che non riescono a trovare tra le mura di casa. Non mi soffermo sulla genesi dei Motor Club e la loro pur affascinante storia, poiché rischierei di diventare prolisso e perdere il focus della recensione ma il regista è abile nel raccontare i tumulti emotivi e collettivi di una società in profonda evoluzione. Dalle tv in bianco e nero all’avvento della musica rock, fino agli sconvolgimenti del post Vietnam, The Bikeriders dipinge uno scalpitante road movie che sviscera una nostalgica fetta della subcultura americana e del tempo che passa, accompagnata dalle inevitabili angosce intrinseche nei ricambi generazionali.
Le due ruote come omaggio allo spirito di ribellione e alle open road americane. Nel suo Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, testo sacro per ogni biker che voglia definirsi tale, Robert M. Pirsig definiva la moto “un sistema di concetti realizzato in acciaio”. Corse, birre, miglia percorse, raduni, scazzottate, asfalto rovente e autostrade sconfinate. E poi polvere, tanta polvere, sui giubbini e le facce di quegli spiriti liberi, forse solamente in cerca del proprio posto nel mondo. Poco importa la meta. Perché nella vita, quello che conta è il viaggio. E Tom Hardy, Austin Butler, Jodie Comer, Norman Reedus e Mike Shannon sono i migliori compagni di viaggio che esistano per accompagnarvi nella visione di The Bikeriders.
SCHEDA TECNICA
Regia: Jeff Nichols
Genere: Drammatico, Poliziesco
Paese: USA
Durata: 116 min.
Con: Jodie Comer, Austin Butler, Tom Hardy, Michael Shannon, Mike Faist, Norman Reedus, Boyd Holbrook
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