Per commemorare Paul Auster, scomparso il 30 aprile 2024, ho nuovamente ospitato su Stazione Cinema l’amico Andrea Brattelli che, dopo aver recensito il libro su Jake La Motta, ci parla oggi del film Smoke, di Wayne Wang. Buona lettura!
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Avete mai sentito parlare di Sir Walter Raleigh? Fu un poeta inglese abbastanza eclettico ed effettivamente definirlo solo scrittore sarebbe riduttivo. Cercò, tra le altre cose, di calcolare il peso del fumo di una pipa, sottraendo la cenere dal tabacco e calcolandone la differenza. Se si cerca di incrociare lo sguardo di una persona che si gusta una sigaretta, il fumo delle boccate rende evanescente l’atmosfera intorno e tutto ci sembra un po’ irreale, aumentando così la curiosità di approfondire la conoscenza dell’individuo che ci è dinanzi. Ecco, questo è ciò che accade allo spettatore sin dai primi cinque minuti dall’inizio del film Smoke. Bisogna sin da subito prendere le misure e pesare l’opera valutandone la disinvoltura, la curiosità che suscita e il talento di Harvey Keithel, William Hurt, Stockard Channing, Forest Whitaker e Ashley Judd, al netto del fatto che, a volte, risulta un po’ evanescente.
Definirei questo film un esperimento cinematografico che combina in modo incongruo chiacchiere spontanee da bar e/o negozio di periferia “all’angolo” con scene e trovate talvolta artificiose. Questa è stata la prima sceneggiatura di Mr. Auster, il romanziere scarno e dai romanzi caratteristici, i cui metodi di scrittura non sempre possono essere tradotti facilmente in qualcos’altro che non sia un libro. I dialoghi infatti possono essere schietti ma, di tanto in tanto, risultare macchinosi, con un’enfasi su lunghi monologhi e comode coincidenze. D’altra parte, lo scrittore americano si è sempre mosso con disinvoltura tra l’astratto e il quotidiano. Questo film ha gli attori giusti affinché avvenga quanto affermato in precedenza.

Diretto da Wayne Wang, uomo, ancor prima che regista, molto bravo a riprendere e mettere in scena la vita di tutti i giorni, fa girare la sua macchina da presa da Adam Holender su un set ben ventilato, tale da scacciare la nicotina utilizzata come metafora. Gran parte dell’azione ruota attorno al negozio di sigari di Auggie Wren, all’angolo di una strada di Brooklyn, dove il proprietario e i suoi amici resistono alle fatiche quotidiane e si illuminano lo sguardo alla luce dei loro sigari appena accesi, come per far sembrare che, in realtà, nelle loro menti baleni, tra le tante fregnacce, qualche idea geniale. Auggie è interpretato da Harvey Keitel, la cui presenza solida come una roccia e il curriculum già molto lungo gli conferiscono la giusta autorità per presiedere un film ingannevolmente disinvolto come questo. Egli non è solo il suo personaggio principale, ma anche il padrone di casa, fonte di buon umore.
Tra i clienti della bottega c’è il romanziere Paul Benjamin (William Hurt), che è rimasto scioccato dalla morte di sua moglie (i personaggi qui tendono ad essere definiti, almeno inizialmente, da eventi del passato spiegati senza troppi fronzoli). È a Paul che Auggie mostra la sua collezione di fotografie: scatti esterni del suo negozio di sigari impressi dalla stessa angolazione nel corso di quattordici anni. Quando lo scrittore si lamenta del fatto che le immagini sembrano tutte simili, il proprietario gli fornisce un consiglio, che in realtà scaturisce dallo stesso Auster che cerca di farci capire con quale spirito dovremmo approcciarci a questo film: “Non lo capirai mai se non rallenti, amico mio”. Ma non tutto in Smoke è così sottile da premiare questo tipo di attenzione.
Vagando per il film con un accento ribelle, William Hurt alla fine eguaglia Harvey Keitel quando si tratta di fascino sornione e saggezza ben stagionata. Come molti dei personaggi presenti nelle scene, è anche troppo consapevole di alcuni degli eventi e delle rivelazioni che sono state preparate per lui. La vita di Paul si ritrova improvvisamente intrecciata con Rashid (Harold Perrineau), un giovane vagabondo (fin troppo pulito, però, per esserlo davvero) che, prima mente sul suo passato, e poi accetta l’aiuto del romanziere nel farsi riconfigurare il futuro.

Rashid e Paul a un certo punto si presentano scherzosamente come padre e figlio, ma il vero padre di Rashid è Cyrus (Forest Whitaker), che ha dei fantasmi del suo passato da scacciare. Questi espedienti ci fanno capire che i dialoghi in questo film sono come le cortine di fumo, che si librano nell’aria e ci fanno apparire le cose in un modo, piuttosto che in un altro, a seconda di quanto la nube è concentrata o si attenua in una parte dell’ambiente. Anche le persone, quindi, si rivelano in vario modo. Il discorso è spesso più formale della direzione resa accomodante dal regista: ecco perché l’altra metà di questo progetto è di maggiore interesse. Un altro film infatti uscì poco dopo, Blue in the Face, che è stato girato in sei giorni in uno stile molto più improvvisato, con Keitel e un cast in gran parte diversi. Dal momento che gran parte di ciò che è attraente in Smoke scaturisce semplicemente dal personaggio e dall’ambientazione, in questa seconda parte le cose cambieranno.
Smoke presenta anche le buone e acute interpretazioni di Stockard Channing, nei panni della vecchia fiamma connivente di Auggie, e Ashley Judd nei panni della figlia, spettacolarmente ostile, che potrebbe o meno essere il problema del protagonista. Un gruzzolo di $ 5.000 va alla deriva, almeno questo si capisce durante lo svolgimento della trama, ed è da lì che tutti, noi spettatori compresi, dovremmo partire per risolvere tutti i problemi insiti nel racconto e caricando le transazioni dei personaggi con un mix inebriante di ladroneria e amore. Keitel cattura magnificamente questo stato d’animo con il lunghissimo discorso che risale a Auggie Wren’s Christmas Story, un pezzo scritto da Auster sulla pagina degli editoriali del New York Times nel 1990, che conteneva i primi semi di questo film. La storia raccontata è meravigliosa, e viene poi rievocata in una sequenza di chiusura in bianco e nero. È un grande merito del protagonista che recita narrando i fatti meglio di quanto la macchina da presa possa mostrarla. Non c’è nulla di effimero in Smoke in quel momento.
SCHEDA TECNICA
Regia: Wayne Wang
Genere: Drammatico
Paese: USA, Germania
Durata: 112 min.
Con: Harvey Keitel, William Hurt, Harold Perrineau, Forest Whitaker, Stockard Channing, Victor Argo, Erica Gimpel, Ashley Judd
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