Il mistero Henri Pick (2018), di Rémi Bezançon

Saranno gli strascichi dell’ultimo Festival di Cannes che, tra le solite polemiche e i consueti alti e bassi, ancora si fanno sentire o le continue tensioni scoppiate in Francia in questo periodo, ma da qualche tempo a questa parte non perdo occasione per allungare il naso e curiosare oltre le Alpi alla riscoperta del cinema francese. Ecco il motivo per cui, proprio qualche sera fa, ne ho approfittato per tirare fuori dalla mia videoteca un film che era rimasto lì a fare la muffa addirittura dal 2020.

Sottile, arguta, pungente. Attraversata da una vena poetica e da quell’ironia tutta francese, Il mistero Henri Pick è forse l’opera più celebre di Rémi Bezançon, senza (per assurdo) essere mai diventata veramente famosa. Uscito in Italia sul finire del 2019, infatti, e tratto dall’omonimo romanzo di David Foekinos, il film è stato pressoché snobbato sia dal pubblico che dalla critica, arenandosi ben presto in un oblio che ha dell’incredibile. Non parliamo di un caposaldo del cinema transalpino, eppure l’ultima opera di Bezançon è un lavoro delizioso che presenta diversi spunti interessanti. Ci troviamo davanti ad un giallo letterario e se il binomio cinema/letteratura è di quelli sempre vincenti (o quasi), anche Il mistero Henri Pick dimostra di godere di una dignità più che legittima.

Ad un primo sguardo, potrebbe quasi sembrare un giallo d’altri tempi: ritmi blandi ma scorrevoli, divertente, delicato e lontano da quel cinema caotico e arruffone che di tanto in tanto prova a rialzare la testa. Si parte verso una direzione, guidati da colei che ci appare come la protagonista del film, per poi procedere verso tutt’altra via, nelle mani di quel meraviglioso interprete che è Fabrice Luchini, già vincitore del premio César nel 1994 per L’amante del tuo amante è la mia amante e protagonista di Moliére in bicicletta e La corte. Un cambio di protagonista che sorprende e diverte lo spettatore, e lo catapulta in una commedia a tinte gialle che profuma di letteratura. Si parla quindi di Puškin e poesia russa, Kafka e Bukowski. Tra scrittori, critici letterari, talent scout e improbabili pizzaioli-romanzieri, i nostri saranno chiamati ad indagare su quello che potrebbe rivelarsi il caso letterario del secolo.

Un film spassoso che riesce a fondere in modo intelligente il mistero del giallo con la leggerezza della commedia brillante. Bezançon evita di calcare la mano e appesantire il tutto, puntando sulla caratterizzazione dei personaggi, sulle interpretazioni assolutamente convincenti e credibili dei protagonisti e sui magnifici panorami bretoni che riempiono meravigliosamente la scena, un po’ come fece Ridley Scott con la Provenza di Un’ottima annata nel 2006. Ad accompagnare la storia, inoltre, troviamo una colonna sonora composta da Laurent Perez Del Mar che, su una base d’archi di gran classe, richiama velatamente le atmosfere Hitchcockiane.

Al punto in cui siamo, avremmo già elementi sufficienti per garantirci la visione di un buonissimo film, solido e ben strutturato. Il registra parigino, però, pigia sull’acceleratore e ci incanala verso una direzione inaspettata quanto ottimamente illustrata. Nel corso della seconda parte, e soprattutto nell’ultima mezz’ora, infatti, Il mistero Henri Pick spiazza ancora una volta lo spettatore e si configura come una critica feroce e spietata al mondo dell’editoria tout court.  La ricerca sfrenata del successo, l’apparenza sempre anteposta alla sostanza, il “purché se ne parli, a qualunque costo” (anche e non di rado a discapito dell’effettiva qualità di un’opera, come in questo caso), sono i motori che muovono il film. E badate bene che l’accusa che Rémi Bezançon muove all’industria libraria, potrebbe tranquillamente estendersi a tanti altri aspetti della nostra società, in un’analisi quantomai vera ed attuale.

SCHEDA TECNICA

Regia: Rémi Bezançon

Genere: Commedia, Giallo

Paese: Francia

Durata: 100 min.

Con: Fabrice Luchini, Camille Cottin, Alice Isaaz, Bastien Bouillon, Astrid Whettnall

Votazione: 7,5/10

© Riproduzione riservata

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